sabato 24 dicembre 2011

Ricevo da un anonimo questi appunti ...


Un pomeriggio freddo e piovigginoso. Di quelli che non trovi nessuno per strada e quelle poche persone che incontri ti sembra scappino via velocemente. Sento l’aria fredda addosso che il vento rende ancor più pungente di quanto non lo sia da sé. Cammino per il paese, il rumore dei miei passi mi fa compagnia e sto bene.
Mi sono sempre piaciuti i pomeriggi invernali, non so perché ma mi ricordano l’infanzia. A dire il vero non è che abbia un ricordo specifico e ben definito, piuttosto è come se sentissi una sensazione di calore familiare e spensieratezza, un misto di odori, sapori e sentimenti forse mai presente a me come ora.
Alla mia sinistra la strada sbuca in una piccola duna dalla quale si scorge un’enorme distesa verde, l’erba viene spazzata verso destra dal vento impetuoso. Sullo sfondo dei pini e altri alberi molto alti: uno spettacolo bellissimo.
Alle mie spalle, sontuosa, la casa. E’ incredibilmente bella nella sua curata incuria. Una casa antica, arcaica, con uno spiazzo davanti dove un grande cerro, al di sotto del quale è posta una panca in legno, consente ai passanti di riposarsi all’ombra in estate.
Davanti ad uno dei tre ingressi, il più grande, quello con l’arco in pietra carsica, campeggia un bel nespolo.  L’uomo con i capelli e la barba imbiancati e gli occhiali rotondi, vive lì. Con la sua arte cerca di migliorare la vita delle persone. Quelle più fragili e sofferenti. Come la mia. Visita le ferite, tocca loro le corde dolenti e cerca di riportare in equilibrio quanto la vita quotidiana ha inopportunamente sbilanciato.
Sono emozionato ed un po’ impaurito, ma suono lo stesso il campanello. Dal citofono una voce sicura ma accogliente, mi invita a prendere a sinistra, cosa che faccio non troppo prontamente. L’ansia non me lo consente.
Lo vedo, finalmente. Sin qui me l’ero spesso immaginato e l’avevo persino sognato.
In piena notte ero sceso al mare. Il cielo stellato ma senza luna, la scogliera di pietra lavica, il mare scuro e agitato non mi garantivano certo serenità, ma l’aria era tersa e la visibilità straordinaria. Si avvicina verso riva una barchetta. Un uomo avvolto in una specie di mantello, remando, mi fa cenno di salire. “Ti porto al sicuro”. Mi fido. Salgo e mi sveglio agitato.
“Buonasera, prego si accomodi, ha trovato facilmente il posto?” Che fa glielo dico subito che sono passato sotto casa decine di volte? Che ho immaginato come sarebbe stato il nostro incontro? Che la sua casetta mi è sembrata più volte quella del mulino bianco? Ecc.? Me ne esco con nonchalance: “Si. Non ho avuto il benchè minimo problema”.
Ma come? Se la prima volta non mi è bastata la stampa ultradettagliata di una mappa presa da internet… Avevano recentemente cambiato il senso di percorribilità ad una via ed è stato un dramma. Del resto questo posto non è proprio facile da raggiungere.
Mi ricordo di un utente anziano del mio servizio: carissimo, mi disse una volta, se proprio deve mentire, deve saperlo fare in modo da non tradirsi. Deve negare persino l’evidenza. Ecco il punto: non sono mai stato in grado di farlo. Di negare l’evidenza poi, non se ne parla nemmeno. Non è una questione di bontà, trattasi di incapacità.
Oddio, mi viene un dubbio: forse è per questo che non ho mai tradito mia moglie?
Mi ritrovo anche a pensare che cominciamo bene, che comunque è utile che lui sappia sin da subito chi si trova davanti, che magari ha sbirciato più volte dalla finestra, vedendomi passare e dentro di sé sta ridendo come un matto o magari mi considera solo uno stronzo, ecc.
Fortunatamente, sono subito attratto da una libreria da favola. Quando le vedo non capisco più nulla. Mi piacciono da morire, libri compresi. Passerei ore a guardarli, toccarli, annusarli, sfogliarli, ecc.
Un’intera stanza piena di volumi, contenuti negli arredi che occupano tutte le pareti. Non sono un granché esperto di arredo, ma sono un gran curiosone. Più avanti chiederò dettagli e mi verrà risposto che i mobili sono del veneto, con le boiserie in basso ed in alto e gli scaffali aperti in mezzo. Un camino, contribuisce al notevole fascino dell’ambiente anche se spento.
Le due poltrone in pelle stanno l’una di fronte all’altra. Un po’ indietro un tavolino con qualche libro e una candela. Su entrambe, a mo’ di protezione, trova posto un foulard che ben vi si adatta e che, così penso, tradisce una presenza femminile in casa. Un divano sta nella parete di fronte, che fascino, mi ci metto subito? Noto l’assenza di tecnologia in quella stanza. Sparita, completamente sparita.
“Dove mi metto?”, abbozzo. “Scelga pure lei”. Mi siedo e con grande imbarazzo faccio un’intera lista dei miei sintomi, roba da far impallidire chiunque. Almeno così pensavo allora, oggi mi rendo conto invece che ci sono situazioni ben più pesanti. E sono in grado di guardarmi con migliore accettazione.
Bene! A quanto pare, una lista di sintomi, per quanto ampia e articolata, non rappresenta di per sé una condizione sufficiente per essere presi in carico da costui: ma chi si crede di essere? Io sto male e lui serafico se ne esce con la storia che vuole approfondire le mie motivazioni a intraprendere un percorso analitico. Per i sintomi, dice, ci sono in commercio ottimi farmaci, e non mancherà al sottoscritto la capacità di contattare allo scopo un ottimo psichiatra.
Così rimaniamo che faremo dieci incontri una volta la settimana e poi decideremo cosa fare.
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1 - Continua
storyteller